Ode al pomodoro

O imperituro sangue degli dei trasmesso in rosso rosolio rosolato al fulvido sole,
qualunque ne sia la fragranza t'accosti amorevole ad ogni nostra pietanza,
sostanza preziosa e dorata, dai secoli e secoli amata, intensa la vita
ci doni un saggio del suo concentrato, condendo e spandendo
a modo di rosa sostanza vigorosa colorando anche il dì.

Di festa e feriale al tuo capezzale gustavan le genti le tue gocce piangenti,
di gioia e dolore a forma di cuore richiamo sommesso d'un canto che fu,
raccolto in distesa, abbracciato e baciato, la luce rimandi del giorno per me;
non c'è general che col proprio potere non vuol mai sedere lontano da te.

O mesta verdura, in mezzo alle mura, un varco tu apri là dove non c'è;
rimandi il destino d'un piatto divino, richiedi quel meglio che solo tu sai.
Il meglio sei stato per chi ti ha gustato, vincente portata trasformi per me;
o fulvido eletto, che gioia nel petto mi sgorga al veder la tua velleità.

Vorresti animare di me tutto quando, donando il tuo succo che è sangue di re;
il pomo d'Adamo ritorna arricchito, dall'oro e dal mito che è fatto per te.
E per riverenza t'invento una danza, che quanto più avanza io dedico a te;
o mio pomodoro, sei un grande tesoro, che in terra risorto, dal ciel pioverà.