Present Azione

Io sono la follia,
questa è casa mia.

Vi invito oggi a festa,
leggendo, se vi resta,
in vostra occupazione
un po' di (com)passione.

Lasciate via la mente
sennò capite niente,
soltanto con il cuore
va in animo al lettore.

Guardate che non mento
non faccio il monumento
per stare lì a osservare
dov'è ch'io andrò a parare.

Vorrei portar con me
quel ch'io ho già di te,
è un po' di fantasia
e condita di follia.

Speriam che questo viaggio
ci aiuti in un passaggio
spargendo in ogni via
quel ch'è di casa mia.

Un augurio

Sarà uno sguardo 
e nient'altro ciò che solleverà questo mondo affranto 
nelle gioie e esaltato nelle tristezze. 
Sarà uno sguardo
il primo passo per ricongiungere i corpi, le menti, le anime 
e i cuori in una piena sintonia.
Sarà uno sguardo
a dar misericordia e a oltrepassare il giudizio, 
a smettere di avere compassione e a iniziare a esserla.
Sarà uno sguardo
a permetterci di avere una visione nuova delle cose vecchie,
e una rinnovante in quelle di sempre.
Sarà uno sguardo
a mettere non più a fuoco e fiamme ovunque, 
ma a mettere a fuoco ciò che vale per noi.
Sarà uno sguardo
a strappare la maschera della faccia dell'ipocrisia 
e a gustare il carnevale della verità.
Sarà uno sguardo
a permetterci di sentire non più il caos delle voci 
ma il cantare interiore dell'universo.
Sarà uno sguardo
a chiamare in causa la volontà per rialzarci 
da ogni sconfitta e aiutare l'altro a farlo.
Sarà uno sguardo
a permettere di contemplare, ammirare, 
gustare e sentire la natura dentro e fuori di me.
Sarà uno sguardo
a insegnarci a scambiarci 
il prodotto gratuito, disinteressato, libero e gioioso.
Sarà uno sguardo
a farci credere e crescere in umanità.
Sarà uno sguardo
a vedere la divinità nella disumanità.
Sarà uno sguardo,
uno sguardo di pura follia.

Jim ecologo

Ne aveva viste di tutti i colori nella sua vita, le aveva considerate, valutate e osservate con attenzione e con cura, una per una, cominciando dalle più piccole fino alle più grandi, dalle belle alle brutte, dalle sane alle ammalate. Ma mai una lo aveva colpito e l'aveva attratto così. Era una speciale, questa, non poteva lasciarla perdere. Doveva riuscire almeno a toccarla con la mano, e avere la sensazione della bellezza, della piacevolezza, dell'intensità del colore. Non era possibile lasciar passare quel momento, lasciarselo sfuggire. Un'occasione così unica l'avrebbe ancora avuta? 
Allungò pian piano, delicatamente la mano verso di lei...

E la piccola farfalla si posò sul palmo della sua mano, permettendogli un'attimo denso di piacere, di attenzione, di gioia e di entusiasmo del cuore, della mente e dell'animo. Essere amante dell'ecologia era diventato per Jim il senso della sua vita, la sua passione, ma anche di più: la sua religione, quasi un mondo di sacralità. E certo la natura delle cose non si smentiva di fronte alle sue attese: gli offriva ogni giorno le meraviglie della fauna e della flora, ponendolo in cammino per nuove scoperte.

Ma la farfalla tanto fragile e bella non si muoveva ancora da lì, da quella mano che pareva essere diventata per qualche attimo in più la sua sdraio, il luogo dopo porsi tranquilla e beata, quasi ammirando lei la gioia di Jim, quasi fosse lei alla ricerca della natura dell'umanità. Sembrava voler dire, fare, e quasi quasi baciare il volto di colui che la osservava con cuore nobile, sincero e rispettoso, non profittando della fragilità di lei o della superiorità di lui. Un incontro naturale, semplice e bello, con l'eco del cuore di lui che si trasmetteva umile a lei, e l'eco dell'anima di lei, che con quelle sue piccole ali pareva un angioletto che invitata Jim a scorrazzare nel cielo. Improvvisa la mente umana però tacque, permettendo alla piccola farfalla di riprendere il suo volo nel prato, e lasciando sul palmo della mano di Jim una piccola ombra di sana follia.

Il pagliaio nel lago

Gli sembrava di volare su di un parapendio, e il cuore gli batteva sempre più forte: che grande emozione!  Che bello!  E che panorama! Sto gustandomi il mondo!
Il pagliaio era scivolato giù dal pendio della montagna...pian piano dapprima, poi sempre più in velocità, a tal punto che i fili di paglia parevano la chioma di una bimba bionda che correva giocando nel prato. Ma la discesa di quella montagna ora si faceva sempre più ripida, innescando nel pagliaio una punta di sospetto e poi di paura: dove sto andando a finire?...

Ad ogni masso incontrato, il pagliaio sbatteva, aumentando la corsa della ripida discesa, fondendo il vento e trascinando con sè fiori e foglie, insetti e tanto altro...I pochi alberi dislocati sul pendio non incontravano la sua corsa, quindi poche erano ormai le possibilità di ridurre la velocità.

Finchè la folle e lunga corsa lo fece finire nello specchio del tranquillo laghetto di sotto la valle, scatenando con il tonfo uno spruzzo improvviso e irradiante acqua tutt'intorno.  "Hola Madòna!" sentenziò un ranocchio da una roccia vicina. Il pagliaio era finito dritto dritto nel lago, e ora la sua paglia si stava disperdendo dal centro, formato un sottile tappeto sull'acqua. Tra paglia, fiori, foglie e insetti vari, lo specchio d'acqua si adeguò ad accogliere quella distesa, calmandosi a poco a poco e ritornando alla sua tranquillità, ora disturbata però dai nuovi ospiti.

Il pagliaio disfacendosi aveva così generato tanti fili di paglia che ora, innumerevoli, si godevano il bagno inaspettato, nuotando, immergendosi, giocando tra loro, con gli insetti e con i fiori. E anche il lago si sentiva ora più vivo, nonostante gli avessero interrotto la sua immobilità.

Ogni disguido, in fin dei conti, 
ci guida a un percorso più vero, 
anche se ci fa accantonare la nostra immortalità.

La società dei ceci

Un giorno i ceci si organizzarono in una struttura social/politico/morale.
Erano stanchi di sentirsi chiamare singolarmente: cece!
E qualche volta c'era anche il dispregiativo: cecio!
Dunque, cece dopo cece, si misero in fila all'anagrafe del comune per avere i dettagli per formare una nuova grande famiglia.
Avrebbero così costituito un gruppo culturale, sociale, politico, morale, musicale...

Ma l'impiegata dell'anagrafe era un po' spaesata con la burocrazia al riguardo del caso, in quanto non era successo prima d'ora che dei ceci volessero formare una famiglia...una società... Sì, ma come verrà chiamata? 
La società della cecità? Peggio che andar di notte!

Chiamarono il direttore dell'anagrafe, che di cognome faceva: Meloni.
Beh, anche solo burocraticamente, questo sarebbe stato un vantaggio... Signor Meloni, che facciamo? - domandò l'impiegata dello sportello.  Il direttore si cominciò a grattare la testa, come per dire che dal caso strano si passava ora al grattacapo. Poi sentenziò: "Il nome non si può cambiare; possiamo però nominarlo in modo diverso. Accentuandolo!". 

Questo direttore sapeva il fatto suo, e convinse i ceci a evitare la società della cecità e al fatto di essere nominati personalmente in modo indistinto semplicemente ponendo due accenti: uno sulla prima e uno sulla seconda "e". Quindi "cècè". Con la società della "Cecetà", e ogni cece da oggi in poi avrebbe avuto la sua personalità e distinzione aggiungendo la numerazione: cècè 1, cècè 2,..."Fin che ne generate!" e sorrise. L'impiegata cominciò a redigere i documenti del nuovo nucleo famigliare, e i ceci vissero felici e contenti.

A volte basta un accento per rendere contento...

Il chicco di caffè

Il chicco di caffè domandò: che c'è, che c'è?
Aveva girato il mondo in tazzine d'ogni genere e paese, ma mai nessuno finora l'aveva chiamato, mai era stato interpellato.
Solo macinato.

Ma lui s'era sempre rifatto, risorto dalle sue polveri, e aveva ripreso il cammino per il mondo; ora portato qua e là, ora trasportandosi lui altrove.
E aveva visto cose meravigliose.
Ma sopratutto cose amare.

Ora lo chiamavano in causa, perchè volevano conoscerlo, farne un testimonial per pubblicizzare con il suo aroma una grande città, una capitale. Lì avrebbe potuto far consumare tanti e tanti caffè che con la percentuale di guadagno per lui sarebbe stato possibile vivere per sempre alle Bahamas.

Ma quando lo avevano chiamato e gli avevano proposto questo, per il chicco di caffè era iniziata una vera e propria crisi d'identità. Se da un lato si sentiva importante, oltre che un importato prezioso, d'altro lato si rendeva conto di far da traditore verso i suoi simili, macinati e finiti nei fondi e poi nei bassifondi delle città...e ora anche di quella capitale, nella quale il suo essere aroma sarebbe stato esaltato, ma a scapito della vita di tanti chicchi.

Aroma.

Quanto si fa per essere aroma...

Ode al pomodoro

O imperituro sangue degli dei trasmesso in rosso rosolio rosolato al fulvido sole,
qualunque ne sia la fragranza t'accosti amorevole ad ogni nostra pietanza,
sostanza preziosa e dorata, dai secoli e secoli amata, intensa la vita
ci doni un saggio del suo concentrato, condendo e spandendo
a modo di rosa sostanza vigorosa colorando anche il dì.

Di festa e feriale al tuo capezzale gustavan le genti le tue gocce piangenti,
di gioia e dolore a forma di cuore richiamo sommesso d'un canto che fu,
raccolto in distesa, abbracciato e baciato, la luce rimandi del giorno per me;
non c'è general che col proprio potere non vuol mai sedere lontano da te.

O mesta verdura, in mezzo alle mura, un varco tu apri là dove non c'è;
rimandi il destino d'un piatto divino, richiedi quel meglio che solo tu sai.
Il meglio sei stato per chi ti ha gustato, vincente portata trasformi per me;
o fulvido eletto, che gioia nel petto mi sgorga al veder la tua velleità.

Vorresti animare di me tutto quando, donando il tuo succo che è sangue di re;
il pomo d'Adamo ritorna arricchito, dall'oro e dal mito che è fatto per te.
E per riverenza t'invento una danza, che quanto più avanza io dedico a te;
o mio pomodoro, sei un grande tesoro, che in terra risorto, dal ciel pioverà.