Il tiranno del re

Il tiranno incazzato non ritrovava più il gusto della serenità; tutti i piatti sopraffini della sua cucina non lo soddisfacevano ormai più, e chiunque si desse da fare per lui e i suoi desideri, era solo oggetto di rimproveri e insulti d'ogni genere. 
Dov'era finito il suo gustare il piacere del potere, e il potere del piacere?

Manca di sale...
Manca di zucchero...
Non sa di niente...
Troppo dolce...
Troppo amaro...

E tutto questo si riversava poi nella mente, nel cuore, nell'anima affamata e assetata di serenità. La sua cucina era ormai diventata la sua camera mortuaria e la sede della sua autopsia morale. Come poteva mancargli il cibo spirituale più di quello materiale, del quale si era sempre ingozzato? Perchè ora era anche incazzato? Con chi? Con che cosa? Perchè?

La bimba che gli passò innanzi giocherellando con una palla lo distolse un attimo dai suoi tristi e angoscianti pensieri, permettendogli una pausa di follia: "Ehi, tu, bambina! Passami la palla! Fammi giocare con te!".

E tutto d'un tratto, la sala della corte divenne un campetto di gioco a due, tra il re e la bambina, con tra mezzo la pallina che, balzando ora qua ora là ricreava l'atmosfera del pascià. 
Il pascià infatti è una specie di re, ma meno sofisticato e esigente, più rilassato e ben pasciuto, che gioca sì, ma con meno ansia e con più filosofia. Un gioco serio, il suo, fatto bene, a regola; ma anche sereno e non scadente nello scherzo. Era proprio questo il segreto del pascià che illuminò in quel momento la mente del re, che invitò la bambina a salire al suo posto, al trono, mentre lui continuò a giocar con la pallina fino a mattina, quando, esausto ma sereno, ritrovò il gusto e l'anima di essere re per davvero.