Present Azione

Io sono la follia,
questa è casa mia.

Vi invito oggi a festa,
leggendo, se vi resta,
in vostra occupazione
un po' di (com)passione.

Lasciate via la mente
sennò capite niente,
soltanto con il cuore
va in animo al lettore.

Guardate che non mento
non faccio il monumento
per stare lì a osservare
dov'è ch'io andrò a parare.

Vorrei portar con me
quel ch'io ho già di te,
è un po' di fantasia
e condita di follia.

Speriam che questo viaggio
ci aiuti in un passaggio
spargendo in ogni via
quel ch'è di casa mia.

Un augurio

Sarà uno sguardo 
e nient'altro ciò che solleverà questo mondo affranto 
nelle gioie e esaltato nelle tristezze. 
Sarà uno sguardo
il primo passo per ricongiungere i corpi, le menti, le anime 
e i cuori in una piena sintonia.
Sarà uno sguardo
a dar misericordia e a oltrepassare il giudizio, 
a smettere di avere compassione e a iniziare a esserla.
Sarà uno sguardo
a permetterci di avere una visione nuova delle cose vecchie,
e una rinnovante in quelle di sempre.
Sarà uno sguardo
a mettere non più a fuoco e fiamme ovunque, 
ma a mettere a fuoco ciò che vale per noi.
Sarà uno sguardo
a strappare la maschera della faccia dell'ipocrisia 
e a gustare il carnevale della verità.
Sarà uno sguardo
a permetterci di sentire non più il caos delle voci 
ma il cantare interiore dell'universo.
Sarà uno sguardo
a chiamare in causa la volontà per rialzarci 
da ogni sconfitta e aiutare l'altro a farlo.
Sarà uno sguardo
a permettere di contemplare, ammirare, 
gustare e sentire la natura dentro e fuori di me.
Sarà uno sguardo
a insegnarci a scambiarci 
il prodotto gratuito, disinteressato, libero e gioioso.
Sarà uno sguardo
a farci credere e crescere in umanità.
Sarà uno sguardo
a vedere la divinità nella disumanità.
Sarà uno sguardo,
uno sguardo di pura follia.

Jim ecologo

Ne aveva viste di tutti i colori nella sua vita, le aveva considerate, valutate e osservate con attenzione e con cura, una per una, cominciando dalle più piccole fino alle più grandi, dalle belle alle brutte, dalle sane alle ammalate. Ma mai una lo aveva colpito e l'aveva attratto così. Era una speciale, questa, non poteva lasciarla perdere. Doveva riuscire almeno a toccarla con la mano, e avere la sensazione della bellezza, della piacevolezza, dell'intensità del colore. Non era possibile lasciar passare quel momento, lasciarselo sfuggire. Un'occasione così unica l'avrebbe ancora avuta? 
Allungò pian piano, delicatamente la mano verso di lei...

E la piccola farfalla si posò sul palmo della sua mano, permettendogli un'attimo denso di piacere, di attenzione, di gioia e di entusiasmo del cuore, della mente e dell'animo. Essere amante dell'ecologia era diventato per Jim il senso della sua vita, la sua passione, ma anche di più: la sua religione, quasi un mondo di sacralità. E certo la natura delle cose non si smentiva di fronte alle sue attese: gli offriva ogni giorno le meraviglie della fauna e della flora, ponendolo in cammino per nuove scoperte.

Ma la farfalla tanto fragile e bella non si muoveva ancora da lì, da quella mano che pareva essere diventata per qualche attimo in più la sua sdraio, il luogo dopo porsi tranquilla e beata, quasi ammirando lei la gioia di Jim, quasi fosse lei alla ricerca della natura dell'umanità. Sembrava voler dire, fare, e quasi quasi baciare il volto di colui che la osservava con cuore nobile, sincero e rispettoso, non profittando della fragilità di lei o della superiorità di lui. Un incontro naturale, semplice e bello, con l'eco del cuore di lui che si trasmetteva umile a lei, e l'eco dell'anima di lei, che con quelle sue piccole ali pareva un angioletto che invitata Jim a scorrazzare nel cielo. Improvvisa la mente umana però tacque, permettendo alla piccola farfalla di riprendere il suo volo nel prato, e lasciando sul palmo della mano di Jim una piccola ombra di sana follia.

Il pagliaio nel lago

Gli sembrava di volare su di un parapendio, e il cuore gli batteva sempre più forte: che grande emozione!  Che bello!  E che panorama! Sto gustandomi il mondo!
Il pagliaio era scivolato giù dal pendio della montagna...pian piano dapprima, poi sempre più in velocità, a tal punto che i fili di paglia parevano la chioma di una bimba bionda che correva giocando nel prato. Ma la discesa di quella montagna ora si faceva sempre più ripida, innescando nel pagliaio una punta di sospetto e poi di paura: dove sto andando a finire?...

Ad ogni masso incontrato, il pagliaio sbatteva, aumentando la corsa della ripida discesa, fondendo il vento e trascinando con sè fiori e foglie, insetti e tanto altro...I pochi alberi dislocati sul pendio non incontravano la sua corsa, quindi poche erano ormai le possibilità di ridurre la velocità.

Finchè la folle e lunga corsa lo fece finire nello specchio del tranquillo laghetto di sotto la valle, scatenando con il tonfo uno spruzzo improvviso e irradiante acqua tutt'intorno.  "Hola Madòna!" sentenziò un ranocchio da una roccia vicina. Il pagliaio era finito dritto dritto nel lago, e ora la sua paglia si stava disperdendo dal centro, formato un sottile tappeto sull'acqua. Tra paglia, fiori, foglie e insetti vari, lo specchio d'acqua si adeguò ad accogliere quella distesa, calmandosi a poco a poco e ritornando alla sua tranquillità, ora disturbata però dai nuovi ospiti.

Il pagliaio disfacendosi aveva così generato tanti fili di paglia che ora, innumerevoli, si godevano il bagno inaspettato, nuotando, immergendosi, giocando tra loro, con gli insetti e con i fiori. E anche il lago si sentiva ora più vivo, nonostante gli avessero interrotto la sua immobilità.

Ogni disguido, in fin dei conti, 
ci guida a un percorso più vero, 
anche se ci fa accantonare la nostra immortalità.

La società dei ceci

Un giorno i ceci si organizzarono in una struttura social/politico/morale.
Erano stanchi di sentirsi chiamare singolarmente: cece!
E qualche volta c'era anche il dispregiativo: cecio!
Dunque, cece dopo cece, si misero in fila all'anagrafe del comune per avere i dettagli per formare una nuova grande famiglia.
Avrebbero così costituito un gruppo culturale, sociale, politico, morale, musicale...

Ma l'impiegata dell'anagrafe era un po' spaesata con la burocrazia al riguardo del caso, in quanto non era successo prima d'ora che dei ceci volessero formare una famiglia...una società... Sì, ma come verrà chiamata? 
La società della cecità? Peggio che andar di notte!

Chiamarono il direttore dell'anagrafe, che di cognome faceva: Meloni.
Beh, anche solo burocraticamente, questo sarebbe stato un vantaggio... Signor Meloni, che facciamo? - domandò l'impiegata dello sportello.  Il direttore si cominciò a grattare la testa, come per dire che dal caso strano si passava ora al grattacapo. Poi sentenziò: "Il nome non si può cambiare; possiamo però nominarlo in modo diverso. Accentuandolo!". 

Questo direttore sapeva il fatto suo, e convinse i ceci a evitare la società della cecità e al fatto di essere nominati personalmente in modo indistinto semplicemente ponendo due accenti: uno sulla prima e uno sulla seconda "e". Quindi "cècè". Con la società della "Cecetà", e ogni cece da oggi in poi avrebbe avuto la sua personalità e distinzione aggiungendo la numerazione: cècè 1, cècè 2,..."Fin che ne generate!" e sorrise. L'impiegata cominciò a redigere i documenti del nuovo nucleo famigliare, e i ceci vissero felici e contenti.

A volte basta un accento per rendere contento...

Il chicco di caffè

Il chicco di caffè domandò: che c'è, che c'è?
Aveva girato il mondo in tazzine d'ogni genere e paese, ma mai nessuno finora l'aveva chiamato, mai era stato interpellato.
Solo macinato.

Ma lui s'era sempre rifatto, risorto dalle sue polveri, e aveva ripreso il cammino per il mondo; ora portato qua e là, ora trasportandosi lui altrove.
E aveva visto cose meravigliose.
Ma sopratutto cose amare.

Ora lo chiamavano in causa, perchè volevano conoscerlo, farne un testimonial per pubblicizzare con il suo aroma una grande città, una capitale. Lì avrebbe potuto far consumare tanti e tanti caffè che con la percentuale di guadagno per lui sarebbe stato possibile vivere per sempre alle Bahamas.

Ma quando lo avevano chiamato e gli avevano proposto questo, per il chicco di caffè era iniziata una vera e propria crisi d'identità. Se da un lato si sentiva importante, oltre che un importato prezioso, d'altro lato si rendeva conto di far da traditore verso i suoi simili, macinati e finiti nei fondi e poi nei bassifondi delle città...e ora anche di quella capitale, nella quale il suo essere aroma sarebbe stato esaltato, ma a scapito della vita di tanti chicchi.

Aroma.

Quanto si fa per essere aroma...

Ode al pomodoro

O imperituro sangue degli dei trasmesso in rosso rosolio rosolato al fulvido sole,
qualunque ne sia la fragranza t'accosti amorevole ad ogni nostra pietanza,
sostanza preziosa e dorata, dai secoli e secoli amata, intensa la vita
ci doni un saggio del suo concentrato, condendo e spandendo
a modo di rosa sostanza vigorosa colorando anche il dì.

Di festa e feriale al tuo capezzale gustavan le genti le tue gocce piangenti,
di gioia e dolore a forma di cuore richiamo sommesso d'un canto che fu,
raccolto in distesa, abbracciato e baciato, la luce rimandi del giorno per me;
non c'è general che col proprio potere non vuol mai sedere lontano da te.

O mesta verdura, in mezzo alle mura, un varco tu apri là dove non c'è;
rimandi il destino d'un piatto divino, richiedi quel meglio che solo tu sai.
Il meglio sei stato per chi ti ha gustato, vincente portata trasformi per me;
o fulvido eletto, che gioia nel petto mi sgorga al veder la tua velleità.

Vorresti animare di me tutto quando, donando il tuo succo che è sangue di re;
il pomo d'Adamo ritorna arricchito, dall'oro e dal mito che è fatto per te.
E per riverenza t'invento una danza, che quanto più avanza io dedico a te;
o mio pomodoro, sei un grande tesoro, che in terra risorto, dal ciel pioverà.

L'atomo atomico

Si teme da tanto la potenza dell'atomica, ma non abbiamo mai considerato che l'atomica ha partenza da un piccolo invisibile atomo, che la fa essere poi tanto grande e paurosa.
Di ogni cosa vediamo e valutiamo il grande, dimenticando che la radice sta nel piccolo.
E non è soltanto così nel settore atomico/bellico, ma anche nelle battaglie morali.

La piccolezza grava più della grandezza, è questione di tempo e di semplice attesa.
Hai vinto la battaglia, ma hai perso la guerra - vien detto saggiamente.
Il piccolo virus se gli gira avvia anche il tumore più orrendo.
Un piccolo atto d'amore val più di un gesto grandioso esteriore e visibile a tutti.

Torniamo al nostro atomico atomo, che va considerato nella sua radice, da dove proviene: dal nulla.
Appare brillando come una stella pulsante, e se premi il pulsante intacca tutto l'universo.
Il cuore dell'atomica, sia nel bene che nel male, sta nel suo cuore: l'atomo.
Amando il male, anche un piccolo atomo di pazzia, scatena la mentalità distruttiva.
Amando il bene, anche un piccolo atomo di follia, a catena crea la mentalità costruttiva.

Basta un attimo, e dal nulla parte l'atomo.
O della pazzia, o della follia.
Dipende da cosa ci sta a cuore.

Radiografia

Nella valle è scesa la nebbia, una nebbia fitta e pesante.
Anche le cose più belle appaiono meno nella loro lucentezza, quasi in via di spegnimento, come una carica energetica per loro stesse per venir meno.
Accanto a esse, anche chi passa per quaggiù sembra non dire altro che ciò che non c'è più.

Una densa coltre di grigiore tende sempre più al buio, mentre le immagini dell'innocenza vengono scalzate da quelle di una nuova credenza, fatta di illusioni, di concessioni e di manipolazioni, a seconda di chi cala il sipario sulla scena.
Tutto tace sempre più e si illumina sempre meno.
Il tramonto ignorato da questo passaggio cede alla cupa notte in arrivo prepotente.

Col il suo capo, l'antica tribù che osannava la sera non sa più che fare: il suo rito ancestrale va ora in emorragia, e come una ruota forata esige un cambio, e per questo una obbligatoria fermata. Dispersi nella foresta del caos subentrato all'ordine primitivo, siamo divenuti ora oggetti in balìa del fato e del destino. Ogni divinità che se l'era finora spassata, ora viene spazzata via. Non rimane che l'umanità sofferente, e forse questa ora è destinata a essere innalzata al rango di unica divinità.

La paura si fa anonima, e proprio per questo più astuta, e può penetrare fin dove non aveva potuto prima: nel midollo del cuore, nelle ossa dell'anima, sotto la pelle della mente, interpellando urgentemente la domanda esistenziale: chi siamo? Che facciamo? Perchè?...

Un vortice suboceanico crea il risucchio della nostra storia; siamo destinati a finire nel gorgo del nulla originale, oppure tutto questo è solo un drenante per purificare i nostri stati e riprendere il rinnovamento universale?

Ebbene

Ebbe tanto e tanto di quel bene nella sua vita che così lo chiamarono.
E poi, anche di carattere era molto tollerante, al punto che finiva sempre col dir un "così sia".
Non a tutti è data questa dose di ottimismo e di pazienza che possa scorrere nelle vene senza provocar chiusure e pregiudizi, senza arrivare all'infarto o all'arteriosclerosi.
Ha anche avuto dei buoni modelli, che siano stati i suoi o chi altro attorno a lui.

Non tutti abbiamo avuto questa dose di fortuna, di fato non avverso ma complice del tuo procedere. Si può dire che su ogni disgrazia c'è stato per lui il colpo di grazia, quasi un'investitura da cavaliere della vita, che gli dato la possibilità di avventurarsi nel quotidiano con una marcia in più nella serenità.

Non ha fatto grandi opere nè chissà che nella sua vita, ma è stata tutto un insieme di gocce di vita che ha dato vita a una pioggia abbondante di grazia per lui e da lui riversata su chi ha incontrato. Chi gli è stato accanto ha così avuto modo di crescere nella fede nel passato, nella speranza del futuro, nell'amore del presente.

Quando terminò il suo cammino terreno, ha avuto grandi attestati di stima dalle persone semplici, deboli e anonime fino ad allora, dando origine così a una forma di elogio la più vera che ci sia, con un senso popolare e universale che noi tutti ci auguriamo di avere.
Ha avuto una degna sepoltura, essendo deposto in ogni posto che egli aveva incontrato nel percorso della vita terrena; e così, ora qua e ora là, potete ritrovare una briciola, un'orma, un richiamo del suo essere stato già, ma anche del suo essere ancora tra noi, per grazia.
Ebbene, così sia.


Cursus storico

Nella sublimazione altissima di un vapore acqueo scolorito nasce proprio da qui ogni rito. Infatti, checchè se ne dica, ogni elemento fa da alimento a un sacramento condito a mistero. Tutte le religioni lo sanno, ma il loro esercito di potenti ne ha sempre nascosto la radice. Qualcuno si è azzardato a cercare di decifrare il codice segreto - tipo quello di Hammur Rappy - ma ha fatto una brutta fine, sia in senso corporeo che spirituale. Si è scottato - dissero - e quindi si è bruciato, e alla fine è finito in cenere.

Ma cosa conta arrivare a conoscere la radice delle filosofie e dei misteri della vita, se poi non puoi far altro che farne intuire il seme, come se tu annunciassi e poi sparissi, condannato ad essere esule e giudicato un fuggitivo dalla storia? L'eretico sta dalla parte della sfera religiosa o filosofica o al cuore di essa? Nè una nè altra; lui ha rotto le sfere, e per questo ha avuto quel che si meritava: un merito al martirio, alla sublimazione in cenere di sè o dei suoi detti, fatti e rifatti.

Ma...ecco che sotto la cenere: il fuoco della vita!
La sostanza vien fuori da ogni stanza recondita, oggi, anche quella dove si giocava nell'intimità, nella sacralità, fin nella stanza della santità estrema, dove i fanatici dello spirito ancora oggi cercano a tutti i costi di difendere le loro posizioni, uccidendo e distruggendo, pensando di far finire l'infinito. Poveri illusi! Essi sono già finiti in partenza, invalidati dalla censura della vita. Più cenere faranno, più da sotto la vita gli altri raccoglieranno.

La seminagione cruciale e sofferta è anche la più produttiva ed efficace; e qui la storia non si smentisce mai. Tutto quello che è sparito, riappare in alta forma; quello che è stato trucidato, riappare trasformato; ogni apparente successo finisce giù nel cesso, mentre il vero vittorioso è colui che non è stato vanitoso. 
Perchè solo l'humus della terra: l'umiltà, partendo dal basso ricostruisce la storia, e nient'altro.

Il politico

Salve, 
sono la tegola.
Per voi oggi voglio farvi da regola.
Voglio ricordarvi che se è vero che faccio a voi da protezione,
potrei anche cadere sul vostro capo per ricordarvi l'umiliazione.

Sono sul tetto e da qui non mi dimetto,
potete dir quel che volete di me, ma ora mi trovo da re.
Qui sul tetto vivo allegramente e senza fare proprio niente.
Qualche volta sono scottata, ma con la crema apposita divento abbronzata.

Sono sicura e mi incastro alle altre, 
e tutte insieme formiamo un reggitetto,
e se il tetto verrà un giorno sforato, nessuno si dice che è stato;
lo stato del tetto protegge chiunque alla fin lo sorregge.

Sappiamo che sotto di me si è sicuri,
e se voi credete che duri sarà soltanto sul tetto
lì sotto non so chi ci metto, non certo ci metto gli amici
che stanno sul tetto felici, colombi che spargono giù
a chi prega ed invoca a quassù.

Ed ora lasciateci in pace, in questo sta meglio chi tace,
se avete qualcosa da dire, da noi non dovete venire;
abbiamo già dato fin troppo, evitiamo da voi ogni intoppo,
il popolo un giorno ci ha innalzato sul tetto di questo suo stato
se poi questo stato non è perfetto, non venire a dirlo a noi su questo tetto!

Celebrazione dei santi

Carissimi,
oggi nella nostra comunità umana celebriamo la festa dei santi, dei nostri patroni di vita.
Sono i santi Stanlio e Ollio.
Essi sono stati esempio di umanità per il nostro cammino, richiamo alla serenità, alla semplicità e al sorriso.
Sono valori ormai in perdita per noi, oggi.
Ma loro, con la loro vita, hanno dato il meglio per allietare il nostro procedere quotidiano.

E di questo hanno lasciato testimonianza, eredità e missione anche per noi, oggi.
Non siamo qui a fare memoria, ma a attualizzare attraverso il ricordo del loro operato la nostra opera di umanità che essi ci hanno invitato a vivere appieno.
Poche le parole che ci hanno affidato, ma molti sono stati gli spunti per affrontare la vita con serenità, umiltà, naturalità, senza troppe remore o artifici.
Accettando gli errori della vita e le contrarietà con ironia e con un sorriso sempre vincente.

Non abbiamo santi sulla terra come voi, carissimi.
Ne abbiamo spesso in giro per i cieli; ma voi ci state accanto nel giocare con un po' di follia quello che la ragione avrebbe fatto procedere anche nella vostra vita con tanta serietà.
Avete squarciato la ragione e avete sbrandellato la cupa serietà, affidandovi alla semplice amicizia tra voi, con una sintonia meravigliosa che lascia il segno e la seminagione per noi.
Santi Ollio e Stanlio, sorridete per noi!

Antivipera

C'è una via di periferia che porta al male o il male porta via.
Dipende da come la percorri, se in un verso o nell'altro, se in un modo o in un altro.
Non c'è mai un'unica soluzione per la cura di una situazione.
Dipende non solo dagli elementi, ma anche dagli alimenti e dagli orientamenti.
Certe cose che fan male, viste in un dato contesto, possono anche salvare.
Vedi il siero antivipera.

Detto questo, non pensare che tutto il male venga per nuocere; a volte viene per salvarti.
Ma ci vuole fede, speranza e amore per vivere un veleno come antidoto.
L'azione della vita passa per il veleno della morte, e spesso questa è quotidiana, non unica.
Sta di fatto che di vipere v'è pieno il mondo, e in tutti i settori, specie quelli che vanno in alto.
Sì, intendo dire che più si sale verso l'alto, più l'atmosfera può essere avvelenata.

Stai coi piedi per terra, perchè potresti anche schiacciare nel tuo percorso il capo della vipera. E se non ti succede e essa ti morde, hai almeno a portata il siero medicamentoso. La via della salvezza passa proprio nel momento della crucialità, della prova, del dolore.
Ogni altra via è un palliativo, e sempre più spesso anche un imbroglio.

La vipera morde anche la ragione avvelenando ogni possibile opinione.
Tutto pare destinato alla morte avvelenata.
Ma c'è un antidoto da assumere, e con urgenza.
E' la dose della follia, che tutto il veleno si porta via.

Oltre la galassia

Zhhh..zhhh..brecco brecco...zhh...zhhh..
C'è qualcuno che mi sente?
Zhh...zhh...


Zhh..Certo che ti sento...zhh...e ascolta bene...zhh...avete finito di...zhh...avete finito di...farci girare i satelliti?...zhh...

Zhh...Chi è che parla?...zhh...Identificati!...zhh...

Zhh... Siamo quelli della galassia sopra di voi...zhh...state facendo troppo rumore!...zhh...

Zhh...Ma che stai dicendo?...Come facciamo a disturbarvi? ...zhh...come è possibile?...zhh...

Zhh...Continuate a sparar su razzi e missili...zhh...e stazioni vaganti...zhh...

Zhh...E allora?...zhh...Qual'è il problema?...zhh...

Zhh...E' che sbattete tutto quanto contro il nostro portale di accesso!...zhh...

Zhh...Che portale?...zhh...

Zhh...Il confine della galassia!...zhh...

Zhh...Scusate...zhh...ma cosa c'entro io?...zhh...

Zhh...C'entri eccome, caro!...zhh...

Zhh...???...Zhh...

Zhh...Ehi, ci sei o ti fai?...zhh...

Zhh...Non capisco ancora...zhh...Perchè io c'entro?...zhh...

Zhh...Perchè sei entrato!...zhh...Sei sforato nella nostra galassia!...zhh...

Zhh...Ops!...zhh...O mamma!... zhh... Pardon!... zhh... Ossignore! ... zhh...

Zhh...Già...Hai sfondato il portale...zhh...Ora sei qui sopra!...zhh...

Zhh...Sigh!...zhh...Che devo fare?...zhh...Come posso riparare?...zhh...

Zhh...Niente!!...zhh...Ripareremo il portale!...zhh...Tu tornatene subito da dove sei venuto!...zhh...

Zhh...Ma...cosa ho fatto...?...zhh...

Zhh...Ecco cosa hai fatto: ora tutti sanno che esistiamo davvero!...Zhh...Porco mondo!...

Impreco o mi sfogo?

Vicissitudini e incomprensioni sono all'ordine del giorno, ma arrivare a imprecare per qualsiasi banalità rende la persona sterile. Non nel corpo, ma nell'animo. Non ha più niente da dire; e le imprecazioni finiscono per ricoprire pensieri, parole e azioni, assumendo in se stesse la loro sostanza. Così si perde il valore della parola. Così il pensiero diventa gretto. Così le azioni non vanno a segno, partite da un'occasione imprecante insignificante.

Che lo sfogo sia doveroso e naturale, è comprensibile.
Ma tra il far uscir fuori e l'andare contro c'è una bella differenza!
L'imprecazione va contro, perchè non riesco a far uscir fuori da me.
Lo sfogo è il far uscir fuori tutto quello che non riesco a tener dentro.
La conseguenza dell'imprecazione è che il negativo si accumula, anche se impreco a qualcosa o a qualcuno: essi fanno solo da specchio per me.
La conseguenza dello sfogo è il poter alleggerire la negatività che ho dentro, e in questo caso io faccio da specchio per gli altri, che si allontanano dallo spazio del mio sfogare.

Questa analisi dell'imprecazione e dello sfogo nella loro simiglianza e nella loro differenza mi fanno acquisire la capacità di attenermi all'onor del vero, cioè mi agganciano all'essenziale di entrambe le situazioni: la pazzia alla quale vado incontro, la follia alla quale devo andare incontro.

Impreco per non diventare pazzo.
Mi sfogo perchè non ho la follia.
E' questione allora di fare la scelta.

Cimon della Camorra

Cimon della Camorra è una vetta raggiungibile solo ai clan mafiosi.
La mafia non esiste in terra quotidiana; se la vuoi conoscere devi salire fin lassù, alla vetta del Cimon. Luogo di combattimenti antichi, punto di incrocio degli scambi nuovi della vita. Qui raggiungi l'esperienza della verità pagata, dell'interesse cupo e selettivo, delle compagnie fatte di baci, abbracci e coltelli affilati, se vuoi essere affiliato. 
La legge qui vale ancor di più, ma solo incarnata in una persona, che ha più del santo e meno dell'umano: è il re dei re di ogni cosa che piaccia al re, viva o morta che possa essere.

L'inganno della vetta del Cimon della Camorra sta proprio nello stare in alto, lassù, ingannando anche gli dei, proponendo pure a loro affari loschi affiliandoli alle cosche; ogni parentela stringe ognuno alla vita, e se sgarra, alla morte sicura e posta come pegno di vendetta, detta in gergo onore.

Cimon della Camorra è un nome sceso nella valle, nelle città, fin nei luoghi più sacri, per profanare con il lume della generazione ogni senso di colpa e trasformarlo in atto d'amore. Ogni omicidio pare un segno d'amore, ogni trasgressione un agire col cuore, ogni tradimento un affar della mente, ogni viltà un gesto di carità.

La potenza della Camorra trasforma anche le cime più alte, pure quelle della mistica, annacquandole con vino nostrano e prodotti casalinghi, dove madri e sorelle la fan da padrone raccogliendo nell'intimità del loro grembo ogni sete di vendetta, di punizione e di uccisione.

Cimon della Camorra: un luogo già raggiunto dalla legge, comprata, rivenduta e trasformata in sicaria delle voglie di un boss nascosto nei preamboli della burocrazia che potenzia sempre più la propria insegna, posta come una croce in vetta al Cimon, monte di ogni morte.

La tisana toccasana

Esiste una tisana che rilassa in modo esaurente anche chi è esaurito dopo qualsiasi incidente. La sua erba la trovi sul ciglio di ogni marciapiede, ogni volta che passi. Ma sei tanto concentrato nel tuo pensiero o con l'orecchio al tuo cellulare, che non percepisci più e non senti affatto il profumo della sua presenza. Non è subito visibile, finchè osserviamo altro.

A questa tisana puoi arrivare quando desideri osservare, quando non ci metti sol lo sguardo, ma qualcosa di riguardo, d'attenzione e un po' di cura: non è semplice verdura. Queste erbe destinate alla tisana il marciapiede se le tiene ben strette: non batte ciglio, fa finta di non averle. Solo se ti avvicini con il cuore al ciglio del marciapiedi, l'occhio coglierà ciò che non poteva la tua mano. Questa tisana toccasana farà della mente la sua tana, se lo vuoi. Lei ci riposa e vi ci fa il nido, e tu ti riposerai tra le sue braccia e ti anniderai nel suo seno.

Se sei fuso, questo infuso agisce sulle cellule fondenti col sapor del cioccolato; se sei ingolfato, ti riveste con un golf che ti ha cucito; se ti senti un po' stordito, lei ti canta come i tordi a primavera; se poi stanco sei la sera, sembrerà per te una mamma vera; e se provi la malinconia, lei sarà la tua dolce e delicata compagnia.

Ho creduto in un primo tempo fosse unica e singolare, fatta solo per me; ma poi, quando al supermercato ho visto lo scaffale pieno di the, e di te, tisana popolare, ho cominciato a star male, deluso e sconfitto dall'illusione d'amore. La verità dell'unicità del prodotto esiste solo per chi non è dotto; ma anche l'ignorante, con la sconfitta di sè, ha recuperato la tazza del the.

Il pantografo

Non è vero che il pantografo possa fare tutto.
Certo fa molto, ma questo pantografo qui, quello che abbiamo in questione, è venuto qui da noi per chiedere qualcosa di più. Si è disgustato della sua vita e dei suoi progetti, pur disegnati in modo ampio ed elastico. Ma lui ora è qui da noi perchè vuole progettare qualcosa di infinito, di pantagruelico: vuol arrivare dappertutto e tutto quanto inglobare in sè.

Ma che un oggetto si faccia soggetto di punto in bianco non è cosa normale, nè da poco. Anzitutto, non è mai successo. E poi, cosa direbbero gli altri oggetti? E noi, chi siamo, i figli della serva? E inoltre, cosa direbbero i soggetti, diventando il pantografo uno di loro, vivo e vegeto? Che vuoi da noi? Sei di un'altro mondo, di un'altra razza, di un'altra stirpe, e anche magari di un'altra religione...o ateo! Troverebbero insomma tutte le scuse per non accoglierlo.

Ma al pantografo insistente non gli frega proprio niente di questa situazione che sta creando polverone. Lui era lui e basta. Lui voleva essere se stesso e basta. Forse prima di allora questo passaggio non aveva senso e non serviva. Ma ora era giunta l'ora, era ora che stessero a sentire il suo desiderio, che gli fosse data una anche solo minima possibilità di realizzare il suo sogno di vita! E dopo tutto, non si trattava di non essere più un pantografo, ma di crescere, di passare a un altro e un alto livello, di elevarsi, innalzarsi, di progredire!

Come andò a finire non sappiamo. Del pantografo in questione non ne abbiamo più visto neanche l'ombra. Restano qua e là racconti leggendari di lui, arricchiti dalla fantasia del popolino, che lo disegna come mai il pantografo avrebbe immaginato di essere: più ancora dell'essere infinito: fantastico, oltre il disegno dell'infinito cosmo. Un pantografo divino.

Testuggini e testardaggini

Mosse le acque e tutto si rivolse all'insù.
La cocciutaggine di una tartaruga non sta nella potenza ma nella pazienza.
Colpire con una spallata l'onda generata dal vento improvviso era stata la sua intuizione vincente, e ora tutto l'oceano si volgeva verso di lei, testuggine fino ad allora anonima, in segno di riverenza e anche con un poco di timore.

Tra i miliardi di animali esistenti in quel momento solo lei aveva avuto in sorte dal fato l'intuizione dell'energia risolutiva, di quel che poi fu detto: datemi una leva e vi solleverò il mondo. Lei aveva sollevato l'onda chiave dell'oceano, rivolgendo a sè l'attenzione delle acque primordiali: quelle della generazione e della procreazione: quelle dell'amore.

Tartaruga amante, ora stante con energia brillante e con un moto più costante, generatrice di meraviglie non tra le settime del mondo, ma con un passo in più, più avanti, più profondo, più efficace e più vero: in questo consiste il progresso. Pazienza generante il progresso. 
E tutto questo inaspettatamente, senza prima far niente, solo attendendo il giusto momento.

Se può una testuggine con la sua pazienza operare il miracolo del movimento in avanti del cosmo, come non potrà la testardaggine trovare la via d'uscita per ogni dubbio audace dell'umanità che rischia di intraprendere la strada senza uscita? ...A fondo chiuso o aperto?
Questo è il problema: essere o non essere in grado di uscirne? 
Approfondire annegando, o immergersi approfondendo? 

Reincarnazione

Ogni volta che qualcosa di noi scompare, ricompare in qualcun altro.
E' come una reincarnazione, ma non di noi: delle nostre cose.
Noi rimaniamo quello che siamo, vivi o morti; le nostre cose si reincarnano in situazioni a noi vicine o con le quali abbiamo avuto a che fare.
Questa è la nostra responsabilità nel progresso dell'umanità.

E la follia distribuisce tutte queste cose in modo impensato qua e là nel mondo, continuando la nostra opera di costruzione o di distruzione, a seconda del nostro essere e agire pro o contro l'universo. Una piccola cosa, nel contesto universale, sbilancia pro o contro il progresso. E non è vero che essendo piccola cosa a poco vale. Ogni piccola cosa passa inosservata dappertutto, e si insinua fin là dove le grandi cose non arrivano. Come un virus.

Dobbiamo non gestire quello che diciamo, facciamo o pensiamo: dobbiamo invece imparare ad affidarlo al contesto universale, che lo guiderà con fantasia, con la follia che si espande fino ai confini di ogni galassia. Certo, se rimaniamo ancorati alla ragione, non faremo un passo in questo senso; e le nostre attività moriranno con noi, finiranno come noi: in cenere.

La reincarnazione per noi è solo illusione, ma per le nostre attività rimane realtà; il nostro testamento e la nostra eredità morale è affidata ad esse. Noi finiremo, solo le nostre realtà continueranno il progresso: lasciamole andare, affidandole liberamente e gioiosamente alla legge universale della follia.


Il verme solitario

Ciò che fa di noi un'umanità nuova è il verme.
Una specie di verme solitario che ci rode e corrode, richiamandoci alla nostra piena verità: tutto, tutto si logora, e noi siamo logoranti in atto e in potenza, verso di noi e verso gli altri.
Il verme serpeggia piccolo e quasi impercettibile, ma capace di colpire al punto giusto e al momento giusto, quando occorre, per farci da richiamo al progresso autentico del mondo.

Distruggere per ricreare.
Questo è il motto del verme solitario che si annida nella mente, nel cuore e nell'animo di ciascuno di noi, nessuno immune. E più uno si crede immune da esso, più ne è intaccato; più uno crede di crescere nella sacralità, più ne verrà intaccato, a favore della riscoperta della propria e altrui umanità; più uno si crede perfetto, più sarà morso dalla sua relatività.

Il verme che ricrea l'umanità partendo dal basso non è altro che la riproduzione del serpente del peccato del giardino originale, che ha fatto recuperare a chi si credeva immune da essa la realtà della mortalità. E quando ci scopriamo mortali, saremo anche più veri, più umani, più umili. Ogni morso del verme guarisce dalla malattia dell'immunità diplomatica, religiosa, famigliare, sociale, dirigenziale.

Il verme della follia tutte le ragioni si porta via, ma proprio per il bene e il meglio della nostra esistenza; ciò che credevamo rovinasse la nostra logica, in effetti la muta in vera, sfrondandola dall'accessorio, dal superfluo, dalle nostre ragioni, per far emergere solo la vita.

La freccia dell'amore

Quando l'amor scocca la sua freccia, da qualche parte si apre una breccia.
Basta una semplice e densa ferita perchè la vita sia ripartita; con la partenza di un fitto dolore rigenera il senso, il cuore, l'amore.
Quando si è tratta da un lato la via, il marciapiede aspetta chi sia; quando chi passa ha il cuor di uno lesto, ecco l'amor d'occasion di fa presto. 
Quando chi passa porta armonia, ecco gioisce tutta la via.

Chi sfreccia la freccia con amore non ha mai fretta di superare il dolore.
Amare soffrendo è la garanzia che vale piuttosto di chi va per la via; rimane ad attender chi ama davvero, ed è questa una prova per l'amore sincero. In gioia e in dolore se non te ne vai, saprò che momento aiutarmi tu puoi; se fuggi davanti a ogni evenienza, saprò che il tuo amor non ha consistenza.

L'amore rigenera per quel che tu hai addosso, riveste la carne e poi pure l'osso; e quello che appare ormai esaurito, l'amore trasforma in un convertito; converte la gioia in amore del vero, e anche il dolore appar più sincero. In dolce ed intensa dolorosa follia, vivrai generando l'eterna follia, che spazza ogni senso di falso d'intorno, richiamando la tua serenità sfuggita per un suo nuovo ritorno.

Un bicchier di vino

Il vigneto in fiore annuncia già l'amore, fatto da buon vino dal sapor divino, vino da eccellenza da portare in mensa; anche chi non beve può gustare lieve il trovarsi insieme per serenità. Grande è l'occasione per un vin migliore miglior l'incontro vale più che il mondo, intero nasce il vino, compie un gir divino, va per tutto il mondo nobile e giocondo.

Buono in compagnia reca l'allegria, fa a finire in festa anche la più mesta occasion perduta fanne una bevuta, per dimenticare ciò che hai da fare; forse troverai almeno quel che sei: un gran fannullone e anche un po' beone, ma di compagnia, il meglio che ci sia; sei di cuore grande e sincerità eccellente, qualità di vino e perfin divino, tutto questo fai tu per chi vorrai.

Cerco allegramente chi per poco o niente perde tempo assai come non ha fatto mai; senza l'occasione non c'è situazione che può far da gloria a chi vuol vittoria; e tu vincerai se con me berrai. Basta un po' di vino e vedrai il divino, pur l'incarnazione prenderà visione per a te annunciare quel che c'è da amare in questo nostro mondo dove tutto pare andare a fondo.

Al fondo di una botte c'è la risalita, per gustare insieme con una partita delle carte sparse lì per il destino che voler da botte ancora un po' di vino; più il suo gioco avanza, più la carta incanta, e il bicchierino colma sempre il vino, mentre in compagnia sfocia l'allegria, un giocar sincero fatto un po' di vero e di falsità per andar avanti in questa umanità.

Quadro d'autore

Una pennellata di realismo, una affresco di misticismo, un tocco di rococò, ecco il quadro che farò. Non voglio ritrar nessuno, per non far torto a tutti. Chiederò a madre natura di posare per me, nuda e semplice, sorridente, trasparente, un po' velata, quel tanto che serve per essere poi ammirata. Un quadro con un alone di gelosia, che attiri tutta la vostra simpatia.

Un quadro d'autore non guarda in faccia neppure al Signore; quel che c'è da ritrarre, ritratto sia; e quando il ritratto è fatto, non chiedere mai alla gente se deve essere rifatto. Anche il più disgustoso e impertinente, non deve essere fatto a gusto della gente. Deve restare così, come ben sapeva il famoso Alì: dalì a là il gusto non si fà.

Tutto quello che è ritratto sorge sempre da chi è un po' matto; l'arte della fantasia è pennellata di follia; tavolozza e i suoi colori non ne restan fuori; e se usi i suoi pennelli, non pensare sian più belli; sono grezzi e disgraziati, perchè spesso sono usati; l'arte della fantasia dalla morte non va via.

Il ritratto naturale piace sempre e sempre vale; ma è il tocco del pennello che lo rende a te più bello; anche orrendo e irriverente, non giudizio della gente per l'artista è giudicato per poi esser valutato; non è il soldo che fa il quadro, dove spesso arriva il ladro; il giudizio e il suo valore stanno proprio lì nel cuore.

E se il cuor della natura ti può mettere paura questa è arte della vita suggerita e mai finita, come spunto per partire nella vita ad affrontare cose belle e cose brutte ma che sai verran distrutte; ma lo spunto dell'autore è raggiungere il tuo cuore per svegliarlo dal torpore e ridargli un po' d'amore, colorando un po' di te, che lo specchio è un po' di me. 

L'impicc Man

Impacciata e impacciante è l'umanità fin dalle sue origini.
Non si trova mai a suo agio, a causa del suo non accettare di andare adagio.
La fretta, questa cattiva consigliera, crea sempre una situazione complicata in ogni dove.

Aveva fretta di mangiare la mela! 
E aspetta...no?! 
Magari arrivava qualcuno (guarda quanti siamo ora), o potevi farci la mela cotta, o farne fettine e con un po' di gentilezza assaggiarne pian piano la sostanza; e poi, detto tra noi, che mela c'era, maledetta primavera?!
Non c'era nessuna mela...Solo la fretta, la fretta di consumare, di fare sesso!
Non ci siamo scostati di un millimetro dalla situazione dell'impaccio originale, causato dalla fretta di fare, di avere, di godere, di possedere, di avere qui subito una scusa per procedere.

Il contorno di quella mela: l'atmosfera, è più importante e gustosa di un tir di mele del Tirolo.
I frutti migliori della primavera originale non consistono in consumazioni da ipermercato, ma sono le coccole.
Sì, proprio queste, e fatte con la dovuta attenzione, perchè ogni coccola ne crea un'altra, e quando ne fai due, ne avrai quattro, e da quattro diventeranno sedici,...ma non nella quantità: sopratutto nella termometricità: nella febbre d'amore.

Abbiamo paura della febbre d'amore, che ci rivela in verità quello che siamo: ammalati nell'amore; noi vorremmo essere sempre stalloni dalla velocità sessuale, dimenticando ogni medicina che ci adagi sui divani del nostro essere e ci faccia godere un piacere non sbrandellato e ripetitivo, ma sempre proiettato sempre più verso il valore dell'infinito: 2,4,16,...ma nell'amore, per noi impacciati a contare, ciò che conta è solo finire al più presto di contare.

Impressioni di vita

Sono nato, e questo è già tanto, direbbe qualcuno, visto i tempi che non corrono più.
Già, sono nato, ma in che stato!
Non intendo chiaramente stato di geografia, ma quello della malinconia.
Sono nato all'improvviso, sbattuto fuori senza alcun preavviso: impreparato, quindi già all'inizio bocciato! 
La scuola della vita è stata parca con me, anche se la vita della scuola è stata sempre un imprecar la porca miseria. 

Passato di anno in anno a vita prolungata, mi sono anche ingegnato per averla un poco più adattata; mi sono sentito subito un maestro, senza accorgermi che era troppo presto. 
Sbattuto come l'uovo a colazione, a sua differenza son tornato in embrione: che cos'è poi in fin dei conti questa vita, se qualcuno già all'inizio la vuol fare già finita?
I conti non tornano, anche perchè erano in vacanza lontano da tempo, ma son giunte pian pianin le sottrazioni della vita a insegnarmi altre lezioni.

Ho imparato dall'inizio fino ad oggi quasi niente, anche perchè sempre e ovunque in viaggio con la mente; maturato e un po' bacato, tuttavia, son finito per amar la fantasia, che chiedendo a me follia mi fa perdere non soltanto la lezione, ma il progresso in ogni altra situazione.

Sta di fatto che strafatto d'esperienza ho esaurito tutto il cibo lì in credenza; credo solo di aver fatto tutto quanto senza metter tutto sotto il manto del mio vanto. 
Ma se questa fosse solo una folle mia illusione, chi di voi mi rimanda all'embrione?