Impreco o mi sfogo?

Vicissitudini e incomprensioni sono all'ordine del giorno, ma arrivare a imprecare per qualsiasi banalità rende la persona sterile. Non nel corpo, ma nell'animo. Non ha più niente da dire; e le imprecazioni finiscono per ricoprire pensieri, parole e azioni, assumendo in se stesse la loro sostanza. Così si perde il valore della parola. Così il pensiero diventa gretto. Così le azioni non vanno a segno, partite da un'occasione imprecante insignificante.

Che lo sfogo sia doveroso e naturale, è comprensibile.
Ma tra il far uscir fuori e l'andare contro c'è una bella differenza!
L'imprecazione va contro, perchè non riesco a far uscir fuori da me.
Lo sfogo è il far uscir fuori tutto quello che non riesco a tener dentro.
La conseguenza dell'imprecazione è che il negativo si accumula, anche se impreco a qualcosa o a qualcuno: essi fanno solo da specchio per me.
La conseguenza dello sfogo è il poter alleggerire la negatività che ho dentro, e in questo caso io faccio da specchio per gli altri, che si allontanano dallo spazio del mio sfogare.

Questa analisi dell'imprecazione e dello sfogo nella loro simiglianza e nella loro differenza mi fanno acquisire la capacità di attenermi all'onor del vero, cioè mi agganciano all'essenziale di entrambe le situazioni: la pazzia alla quale vado incontro, la follia alla quale devo andare incontro.

Impreco per non diventare pazzo.
Mi sfogo perchè non ho la follia.
E' questione allora di fare la scelta.